Inghilterra, certezza imprevedibile

Eclettica, l’Inghilterra. Costellata da località dall’indole cosmopolita, talvolta solenni e maestose, sovente con un alter ego frizzante e creativo. Un’alchimia di tradizione e innovazione che emerge quotidianamente in questa destinazione la cui attrattiva si stempera – anche – nella diversificazione: gotico, barocco, outsider art, surrealismo e post moderno vi convivono in sequenze di fotogrammi ed è proprio nelle sfaccettature che l’Inghilterra esprime il suo Dna. Affascinante è la sua imprevedibilità: la si immagina compassata e austera, la si scopre ironica, dissacratoria e geniale, intessuta di originalità progettuale, con la capacità di creare attrattive e tendenze. Difficile stabilire quanto sia rapida l’evoluzione continua di questa isola-universo: percorre il tempo velocemente, è proiettata nel futuro ma esibisce con orgoglio villaggi nei quali il tempo sembra essersi fermato. Al contempo, è intessuta di città industrializzate ricche di sapienza e valenza come Liverpool, capitale europea della cultura nel 2008. Forziere di innovazioni tecnologiche – è la settima potenza worldwide nel contesto economico – e di centri di ricerca nei settori-chiave quali scienza, medicina e ingegneria, l’Inghilterra può essere compendiata nella parola “qualità”. Non solo. Le università di Oxford e Cambridge hanno solcato l’alveo della letteratura mondiale mentre le travolgenti pennellate di Turner e Constable fanno da sfondo a percorsi d’arte all’insegna di distillati di luce così come Shakespeare conduce il viaggiatore nei suoi capolavori letterari e non è da meno l’Unesco, che vanta una ventina di siti in territorio inglese. Un distillato di sorprese e novità, l’Inghilterra, camaleontica nel suo susseguirsi di colline, brughiere, parchi naturali e poi fiumi, laghi, scogliere, baie e marine.

Con orgoglio e per sfizio

E poi le città, come Bath – patrimonio dell’Umanità e distesa sulle rive dell’Avon -, con le sue terme, i musei e le gallerie d’arte. E le Costwolds, silenziose vallate con alture boscose e borghi dalle abitazioni in pietra cui arrivare per degustare, come welcome, un superbo Costwold Cream Tea. Seduzione pura sono gli scenari del Lake District e di Cumbria, seguiti a ruota da Liverpool, Manchester e dal Peak District. La prima è sinonimo di Beatles, icona mondiale della musica, la seconda, famosa per essere un epicentro calcistico, si fa strada anche come centro culturale di spessore. Coreografie d’autore per il Sussex, set dei più significativi avvenimenti storici della destinazione, da ripercorrere in occasione di rivisitazioni in costume nella pluralità di manieri e dimore storiche che costellano l’area, perfetta anche per sfidarsi a cricket. A vele spiegate, invece, si veleggia verso avventure all’insegna di Nettuno nella cosmopolita Brighton e nelle raccolte località della Cornovaglia, seguita a ruota dal Devon. Il “giardino d’Inghilterra” è il Kent, con la sua Canterbury: architettura Tudor, roccaforti e percorsi enogastronomici in tipiche cantine così come in location “stellate” e di stato, visto che nel distretto spicca Chartwell, “casa” di Sir Winston Churchill. Fotogrammi medievali nello Yorkshire, con la sua portavoce, Durham, situata su uno spuntone roccioso circondato dal fiume Wear, iscritta nel patrimonio dell’Unesco con la sua cattedrale normanna e il castello. Ama – involontariamente? – stupire, l’Inghilterra. E ci riesce, sempre.

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Events and amusement

L’Inghilterra è inarrestabile nel proporre eventi. Fra questi, alcuni sono dei veri e propri must come il Glyndebourne Festival Opera, festival di opera lirica che va in scena annualmente a Glyndebourne – vicino a Lewes, nell’East Sussex – e straordinaria è la Glyndebourne Touring Opera, che nella sua prima stagione – circa mezzo secolo fa – portò i suoi spettacoli a Newcastle, Liverpool, Manchester, Sheffield e Oxford. Eccellenza anche nello sport,

con riflettori puntati sull’equitazione – “The sport of Kings” – e quindi sull’ippodromo di Ascot, nell’omonima località, nel Berkshire, a una decina di chilometri dal castello di Windsor. Quanto al golf, nello spicchio nord-occidentale inglese si distende la cosiddetta “Golf Coast”, che ospita una ventina di campi da golf del Paese. Nell’area ve ne sono tre particolarmente rinomati: quello di Birkdale, di Liverpool e di Lytham & St Annes.

Luciana Francesca Rebonato per Sartorialinguistica

Barbados, Caraibi da Eden

Barbados, Caraibi da Eden

Inghilterra e Caraibi. È Barbados, mix irresistibile tra la pettinata geometria britannica e la scarmigliata spensieratezza tropicale. Suadente e magnetica, Barbados – per trecentotrentaquattro anni parte dell’impero britannico, sino al novembre del 2021 -, che al bianco delle spiagge affacciate su onde color turchese contrappone aspre scogliere a picco sull’Oceano Atlantico. A ovest Nettuno lambisce la costa accarezzandola, mentre a est il mare spumeggia con vigore e s’infrange sullo spaccato più selvaggio dell’isola, punteggiato da brughiere. Un continuo gioco di sponda e di contrasti, Barbados: disegnata da architetture coloniali inglesi, nell’entroterra è percorsa da piantagioni di canna da zucchero mentre negli abissi tutela relitti di navi naufragate nei secoli scorsi, oggi presenti tra i fianchi vulcanici e la barriera corallina “frangiata”. Un habitat naturale dalle cromie cangianti, un eterogeneo mondo marino con coralli, barracuda, mahi mahi, wahoo, kingfish, marlin e tartarughe Hawsbill. Preludio di avventure alla scoperta di paesaggi pelagici sono gli oltre quaranta siti di immersione, con escursioni diurne e anche notturne, idonee a tutti i livelli di abilità. L’ottima visibilità e la temperatura dell’acqua – che si attesta generalmente oltre i venticinque gradi centigradi -, infatti, rendono l’isola una “destinazione diving” perfetta per tutti. Soprattutto tra febbraio e maggio – quando vi sono meno precipitazioni -, ma anche a giugno, luglio e novembre. Paradiso del surf, Barbados vanta venti sognati dai migliori surfisti worldwide: da ottobre a marzo le onde corrono tra i due e i dodici piedi, mentre il resto dell’anno l’altezza massima è di sei piedi.

Rum, fondali e cristalli

Isola della canna da zucchero e del rum – che si produce in loco da quattro secoli -, Barbados affascina per il suo procedere nell’alveo delle tradizioni inglesi: la guida è a sinistra, il tè delle cinque di pomeriggio è un rito irrinunciabile, lo sport più popolare è il cricket e i ritratti della regina Elisabetta II e di re Carlo III sono disseminati ovunque. Così come costellano il mare di Barbados le navi nei fondali, primo fra tutti il Folkestone Marine Park – situato al largo del villaggio di Fitts, sulla costa occidentale -, che ospita nelle sue acque il relitto della celebre – nonché visitabile – nave Stavronikita. Le navi da cargo Pamir e Friar’s Crag, invece, più a nord, sono due navi gemelle dalla sorte differente: la prima, situata in un punto riparato non lontano dalla costa, è ancora miracolosamente intatta, mentre la seconda è quasi completamente distrutta. Quanto rimane della Friars Craig, invece, a ovest e a sud dell’isola, è diventato habitat naturale di centinaia di razze e di tartarughe marine. E da non perdere a Barbados è proprio il bagno con le tartarughe Hawksbill partendo in barca da Carlisle Bay che oltre a essere il porto di Bridgetown è anche e soprattutto un parco marino protetto che custodisce nelle sue acque sette relitti di navi così vicine fra loro da poter essere esplorate durante un’unica immersione. Non solo diving, però. A Barbados si può scendere a quaranta metri di profondità a bordo degli Atlantis Submarines, sottomarini con una trentina di posti e con oblò che consentono di ammirare i fondali, l’oro rosso dei coralli e una miriade di pesci caraibici. Nell’entroterra, intanto, tutto un susseguirsi di giardini botanici e laghetti, parchi e riserve naturali, fiumi e grotte sotterranee: fra queste l’Harrison’S Cave e la sua “Sala dei cristalli”. Lunga una quarantina di metri, è forziere prezioso di stalattiti e stalagmiti di quarzo scintillante.

 

Luciana Francesca Rebonato per Sartoria Linguistica

British Virgin Islands, bellezza abissale

Sessanta tra isole e isolotti a circa cinquanta miglia a est di Puerto Rico, nell’area nord-occidentale del Mar dei Caraibi. Sono le Isole Vergini Britanniche, disseminate come coriandoli fra le onde di Nettuno, un arcipelago prescelto – soprattutto – dagli appassionati di vela, snorkeling e yachting. Il territorio britannico comprende una quarantina di isole con delle star del calibro di Tortola – con Road Town, la capitale – Anegada, Virgin Gorda e Jost Van Dyke. Una destinazione dalla topografia dinamica e diversificata che consente numerose direttrici di scoperta e fruizione. Ogni isola, infatti, si contraddistingue per carattere e caratteristiche e fra queste spiccano l’unicità di The Baths – piscine d’acqua salata dalle cromie verde smeraldo a Virgin Gorda -, l’Anegada Flamingo Pond – il trionfo di fenicotteri rosa in un’area naturale dedicata -, la scenografica spiaggia di White Bay a Jost Van Dyke – dal nome del famoso pirata – e la sommità della Mount Sage a Tortola, la vetta più alta dell’isola con un’altitudine di 530 metri. Mare e turismo sostenibile in tutte le sue accezioni, dunque, in uno scenario nel quale il tempo sembra essersi fermato: un paradiso terrestre e un eden pelagico, con i fondali dell’arcipelago che custodiscono alcuni dei più interessanti relitti sommersi dei Caraibi come la RMS Rhone, nave situata a circa venti metri di profondità. Tutt’oggi intatta, è visitabile grazie a immersioni con esperti. Una vera e propria avventura affiancata da ulteriori, intriganti imprese che le autorità locali hanno deciso di valorizzare istituendo la BVI Wreck Week, una settimana in cui i tesori marittimi del territorio vengono valorizzati.

Sussurri di calypso e soffi di alisei

Un volto caraibico, una storia britannica e venti di libertà. A Tortola, infatti, gli inglesi decisero di abolire la schiavitù e sempre qui venne edificata la St. Philipp, la prima chiesa per afroamericani liberi. Un passato da conoscere e vivere in prima persona partecipando ai numerosi eventi che animano le British Virgin Islands a iniziare dalla BVI Summer Fest, dedicata proprio alla liberazione degli schiavi africani e che si stempera sulle note del calypso, il ritmo musicale da loro introdotto. Vento in poppa per la celebre Annual Spring Regatta di Road Town ad aprile – tra le più famose kermesse veliche dei Tropici – mentre gli appassionati di windsurf si incontrano alla fine del mese di giugno per la settimana della HIHO Races. La KPMG Tortola Torture è invece l’evento sportivo più estremo – solo il 22% del tracciato è su terreno pianeggiante – delle British Virgin Islands: una maratona di cinquantaquattro chilometri con percorsi che si snodano lungo tutta l’isola in un susseguirsi di panorami onirici, foreste rigogliose e spiagge da instagrammare. Itinerari del gusto con il Festival gastronomico, che annualmente e per tutto il mese di novembre punta i riflettori sulle prelibatezze locali: fra gli appuntamenti più rilevanti emergono Taste of Tortola, Barefoot Gourmet Soirée, Taste of Virgin Gorda, Jost Pork e lo sfizioso Anegada Lobster Festival, ovvero l’occasione di assaporare l’aragosta spinosa – la specie locale del crostaceo – cucinata con maestria e fantasia, accompagnata dal cocktail per eccellenza delle Isole Vergini Britanniche, il Painkiller. A dicembre, a chiudere in bellezza il mese, provvede il party di Capodanno del Foxy’s di Jost Van Dyke, famoso in tutto il mondo per le sue celebrazioni di fine anno.

Luciana Francesca Rebonato per Sartoria Linguistica

Bermuda, intrigo di mare e bagliori sea glass

Bermuda – spiaggia rosa

Bermuda: centottanta isole di cui sette collegate fra loro da ponti, così vicine da sembrarne una sola e a forma di amo da pesca. Spiagge con sabbia soffice come talco – e sbuffi di colori che sfumano dal rosa pallido al malva per giungere al bianco latte – e onde che spumeggiano in cromie turchesi, barriera corallina e navi negli abissi. Un dipartimento d’oltremare britannico, Bermuda, fiero di esserlo – i celebri calzoni Bermuda, peraltro, non sono nati qui ma a Londra, e furono i militari della Royal Navy i primi a indossarli – con la passione per il golf e la nautica. «Il più piccolo grande luogo del mondo», scrisse Mark Twain a proposito di Bermuda, arcipelago così poliedrico e cosmopolita da consentire numerose direttrici di scoperta, tutte con un comune denominatore: il mare. E che mare: sono circa seicento le coloratissime specie che popolano le acque di Bermuda alle quali si affiancano grotte, relitti di navi e golene, un invito al quale è difficile rinunciare, soprattutto se si è appassionati di immersioni, sci nautico e windsurf. Senza dimenticare pesca d’altura, nuoto con i delfini, kayak e vela. Quanto alle spiagge, Bermuda vanta le spiagge “più technicolor” di tutto l’oceano Atlantico: la costa sud distende al sole la maggiore concentrazione di spiagge con sabbia rosa e in questo spaccato di Bermuda spicca l’intrigante Elbow Beach, che declina in una curva dolce simile a un gomito, da cui deriva il suo nome. Situata a Paget Parish, è molto vicina alla città di Hamilton ed è perfetta per lo snorkeling. Lunga, ampia e sempre sulla costa sud è Horseshoe Bay, una lingua di sabbia rosa nell’area di Southampton Parish, fra le più belle spiagge del mondo. Per gli appassionati di snorkeling la meta è Warwick Long Bay: oltre mezzo miglio di spiaggia nel Warwick Parish – fra le spiagge più “riparate” – così come – sempre nel Warwick Parish – appartata e circondata da ripide scogliere è Jobson’s Cove, piccola e splendida. Sulla costa nord orientale si trova Tobacco Bay – situata a St. George’s Parish -, iconica spiaggia di Bermuda. Agli appassionati di storia marina, Bermuda regala oltre quattrocento relitti disseminati sui fondali, alcuni risalenti al quindicesimo secolo. Se i relitti avvincono negli abissi, sulla terraferma svettano al cielo due imponenti fari: uno ottocentesco e costruito in pietra locale, l’altro è invece il famoso Gibb’s Hill, del 1846 e tuttora in funzione. E a proposito di continuità, un esempio dell’attaccamento di Bermuda alle sue tradizioni è il fitto calendario di celebrazioni fra le quali spicca la Peppercorn Parade, che si celebra annualmente ad aprile nella vecchia capitale St. George’s: una rievocazione in costume d’epoca, durante la quale i notabili di Bermuda pagano un simbolico chicco di pepe al governatore inglese per l’affitto della State House, l’antico edificio del governo.

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Sea glass, lo scintillio di Bermuda

Un compendio di meraviglie naturali, l’arcipelago di Bermuda, fra le quali spicca lo scintillio dei “sea glass” di Bermuda, un variopinto tesoro di Nettuno costituito da frammenti di vetro che il mare protegge, trasforma e poi ridona alla terraferma dopo un lungo processo di “levigazione e lucidatura” da parte del moto ondoso. Il risultato? Spiagge con piccole gemme dai colori più brillanti con bagliori di verde, marrone, bianco e – più raramente – rosso e blu. Con la bassa marea è più facile individuarle, soprattutto sulle spiagge di Black Bay Beach – nord-ovest -, Building Bay e Alexandra Battery & Beach, entrambe situate sulla punta nord orientale.

Luciana Francesca Rebonato per Sartoria Linguistica

God save the King (e i British Overseas Territories)

God save the King e i British Overseas Territories, ovvero i territori d’oltremare britannici, quattordici entità territoriali disseminate nel mondo che si trovano sotto la sovranità del Regno Unito. Non i reami del Commonwealth – quindici dei cinquantasei stati totali – bensì una pluralità di territori che condividono re Carlo III come capo di Stato. Alcuni dei territori permanentemente abitati sono internamente autonomi, con il Regno Unito che mantiene la responsabilità per la difesa e le relazioni estere. Il libro del tempo insegna che a ogni pagina, capoverso e perfino rigo emergono novità che mappano il disegno cartografico della storia arricchendola di nuove coordinate: nel maggio 2022, per esempio, in occasione del Giubileo di Platino di Elisabetta II, madre di re Carlo III, otto città del Regno Unito sono state “promosse” allo status di municipi urbani e, fra queste, anche due località in territori d’oltremare: Stanley, capitale delle isola Falkland, e Douglas nell’isola di Man. Dal novembre 2021, invece, le Isole Barbados sono ufficialmente una repubblica indipendente. Un passato complesso e antico, quello dei territori d’oltremare inglesi, che affonda le sue radici nei secoli scorsi, con la denominazione attuale ascrivibile a una legge del 2002 introdotta con il British Overseas Territories Act, mentre prima del 1983 i territori erano definiti “Colonie della Corona”. L’inizio del colonialismo inglese è segnato da una data ben precisa, il 1607, con la fondazione del primo insediamento in Virginia – Stati Uniti d’America – con la massima espansione che si stempera dal XVII al XIX secolo in India, in Africa, nel nord America e in Australia. La storia è in continua evoluzione e nel suo scorrere tutto cambia o si modifica. Per circa trecento anni il Regno Unito è stato protagonista sul mare e ha costruito il più grande impero coloniale mai esistito. Oggi è possibile ripercorrerne i principali passaggi leggendo o viaggiando nelle destinazioni percorrendo a ritroso il tempo. Pensando, magari, che dove gli odierni “kettuvallam” fendono le onde trasportando riso, nel Settecento e Ottocento a issare le vele erano gli East Indiaman, – della English East India Company -, la cui forma riprendeva quella dei galeoni e dei vascelli dell’epoca. E che potevano imbarcare fino a mille tonnellate di tè. 

British Overseas Territories: Anguilla, Bermuda, Territorio antartico britannico, Territorio britannico dell’Oceano Indiano, Isole Vergini britanniche, Isole Cayman, Isole Falkland, Gibilterra, Montserrat, Isole Pitcairn, Sant’Elena, Ascensione e Tristan da Cunha, Georgia del Sud e Isole Sandwich meridionali, Area delle Basi Sovrane di Akrotiri e Dhekelia, Turks e Caicos.

Luciana Francesca Rebonato per Sartoria Linguistica

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Sulla scia di una parola l’emozione si mette in viaggio. E si addentra nel mondo della traduzione e della comunicazione, della letteratura e della cultura, percorrendo strade che rivelano grandi classici e inaspettate sorprese. Un viaggio attraverso le unicità di pensieri e concetti, di territori e tradizioni, di significati e valori: è questo il filo conduttore della rubrica Approfondimenti, che apre il sipario sull’indiscutibile importanza dei traduttori, della loro necessaria competente valenza. Il mondo contemporaneo è contraddistinto dalla globalizzazione e dall’informazione in tempo reale, ma un tempo le opere di grandi autori – così come di artisti “minori” – e i luoghi nei quali scrivevano erano delimitati dai confini geografici. Il pianeta, a livello internazionale, è stato scoperto e diffuso grazie allo sguardo attento del traduttore, che ha consentito di divulgare caratterizzazioni, diversificazioni, autenticità e genius loci dei territori. Prima del business, il valore culturale: le persone, le differenziazioni, le singole tessere di mosaico che in un gioco di chiaroscuri compongono ogni singola opera, creata e riportata fedelmente. Questa rubrica muove dall’intento di esplorare i contesti di Sartoria Linguistica, di procedere dalla visione d’insieme all’analisi del dettaglio: un’immersione negli approfondimenti delle tematiche del sito e, anche, la scoperta di Paesi vicini e lontani nei quali si parlano le principali lingue straniere. Come alter ego, la rubrica propone una panoramica sulle notizie che nell’essere “il presente” sono, al contempo, un passaporto per il futuro. Una rassegna stampa in lingua originale che informa e accresce. Un sito, Sartoria Linguistica, nel quale ogni servizio di traduzione, revisione e formazione è curato in ogni aspetto, con tempistiche e contenuti realizzati fedelmente e in maniera sartoriale. Tailor made, naturalmente.

Luciana Francesca Rebonato per Sartoria Linguistica